Supercazzole

Capita un po’ troppo spesso – in televisione, sui giornali, sui blog, sul web, sul social – di assistere a performance (anche piuttosto estreme, a volte) in cui commentatori (quasi mai improvvisati, eh!) si librano in un vortice supercazzolista di parole e sintagmi che ambiscono, a loro dire, a interpretare l’attualità e la politica.
«Eh già, la Francia è un Paese che funziona benissimo ma anche lui, adesso, si trova in una fase di depressione. Non crede più in se stesso e nel suo futuro» si potrebbe sentir dire a un qualche Cazzullo in giro, come massima che vorrebbe voler risolvere la complessità della politica francese.
Ma c’è di peggio – e come se c’è di peggio! -. C’è chi crede che tutto possa risolversi in chiacchiere da salotto. Molto spesso i pensieri scritti su attualità, politica, cultura (soprattutto cultura!), esteri somigliano ai discorsi futili, vacui, disinformati di amici e conoscenti che si ritrovano a parlare del più e del meno, o alle chiacchiere da bar.
Si leggano, ad esempio, un po’ queste frasi:

… nei momenti di crisi come quello che attraversiamo cresce sì, e diviene fortissima, la critica alla politica, ma a quella passata (che le oligarchie intellettuali vicine al potere scambiano appunto per antipolitica tout court ), mentre invece diviene ancora più forte la richiesta di una politica nuova e diversa. Sotto la forma, per l’appunto, di una leadership all’altezza della situazione. Di qualcuno che sappia indicare soluzioni concrete ma soprattutto sia capace di suscitare un’ispirazione nuova, di infondere speranza e coraggio, di alimentare – non spaventiamoci della parola – anche una tensione morale più alta: quella che serve a restituirci l’immagine positiva di noi stessi che la crisi spesso distrugge.

(E.Galli Della Loggia, Corriere della sera del 17 dicembre 2013)

Forse La grande bellezza non è il miglior film di Sorrentino (per chi scrive di sicuro non lo è) e probabilmente ci sono stati, in questi 15 anni, film più belli anche in Italia (la doppietta Il divo e Gomorra, per restare in famiglia). Ma per agguantare l’Oscar serve, piaccia o no, un mix che il film di Sorrentino possiede totalmente. L’ingrediente fondamentale per sfondare negli Usa pare sia mettere in scena una sorta di deja-vu, riesumare un sentore, un aroma di qualcosa che gli americani conoscono e che gli piace molto ricordare.

(Elisa Battistini, Il Fatto Quotidiano del 13 gennaio 2014).

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